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Le narrazioni, di Franco Gambino.
"il.. grande narratore"
Dottor Gabriele Zaffino medico condotto
di Franco Gambino
Erano le otto del mattino del 21 gennaio 1963. Da qualche minuto avevo lasciato la sede centrale
della Scuola Media “Chimirri” per recarmi alla succursale “Barillari” alle spalle della chiesa Matrice,
dove insegnavo lettere.
Prima di varcare il corso Umberto I° ho girato lo sguardo verso il cinema “Aurora” e , in prossimità
del portone della casa di fronte, ho visto un gruppo di persone in stato di agitazione. Alcune donne
piangevano e si mettevano le mani nei capelli, alcuni uomini gridavano ed entravano
nell’ambulatorio del dr. Zaffino per uscirne, poi, commossi e frastornati. Ho chiesto notizie: il
dottore Gabriele Zaffino era morto. Giaceva disteso sul letto, cianotico in viso perché la tosse, la
sua solita forte ed indistruttibile tosse lo aveva soffocato.
Anche io sono rimasto emotivamente colpito. Lo avevo visto la sera precedente dirigersi fuori
paese. Era accompagnato da Zeno Vavalà, lu carcirieri, che sosteneva un ombrello per ripararsi
da una pioggia torrenziale mista a neve. Il dottore indossava solo la camicia, su cui spiccavano le
bretelle dei pantaloni, con le maniche rimboccate. Si dirigevano verso il carcere perché ( come ho
saputo dopo) doveva visitare un detenuto che si era sentito male.
La perdita del medico Zaffino si è subito manifestata grave per tutta la popolazione di Serra San
Bruno, non solo come persona buona, generosa e altruista, ma anche e principalmente per la sua
attività, o meglio, per la sua missione.
Dalle colonne di questa nostra rivista Ciccio Pisani di li Guierri ha già parlato con dovizia di
particolari di quest’uomo. A noi piace ancora una volta ricordarlo attraverso alcuni aneddoti che
hanno disegnato più compiutamente la sua personalità.
Per assistere i suoi ammalati non osservava nessun burocratico orario, perchè le malattie, come
diceva, non osservano nessun orario. Esse arrivano di giorno come di notte; al mattino come alla
sera, perciò là dove c’era un malato lui era presente.
Il suo ambulatorio (in via Fiume prima, sul corso Umberto poi) era sempre aperto anche quando lui
era momentaneamente assente perché impegnato in qualche visita domiciliare: d’estate finestre
spalancate per prendere aria e sole, d’inverno ambiente caldo e soffocante per via di quella grande
stufa “Becchi” di terracotta sempre arroventata.
Nei tempi passati l’assistenza sanitaria a Serra San Bruno era garantita da due condotte: quella di
Terravecchia e quella di Spinetto a cui erano assegnati due medici. Il titolare di quella di
Terravecchia era il dottore Zaffino.
Quando da noi l’attività economica era basata sull’artigianato e, quindi, anche sullo sfruttamento
dei boschi, a Serra c’erano molti boscaioli (li faccieri), i quali, armati di segaccio (li struncaturi) e di
scuri affilatissime e pesanti almeno due chili si recavano a piedi in montagna per abbattere gli
alberi. Non c’erano mezzi di trasporto allora anche perché le strade erano semplici mulattiere o
stradine adatte ai carri trainati dai buoi. Bisognava alzarsi presto, quindi, per raggiungere i boschi
montani. Già prima che si vedessero le prime luci dell’alba le carovane di uomini, donne e animali
da tiro si arrampicavano su per le impervie vie che conducevano sul posto di lavoro. Gli uomini
abbattevano gli alberi e le donne li ripulivano dei rami che poi venivano raccolti in fasci e trasportati
sulla testa protetta da curuni di stracci giù verso il paese per la vendita e per la riserva invernale.
Il dottore Zaffino era anche lui mattiniero. Addirittura si alzava dal letto verso le quattro del mattino
perché doveva essere pronto a fare il medico per coloro che andavano al lavoro e avevano
bisogno di qualche iniezione o disinfezione o cura delle varie ferite che quel tipo di lavoro
procurava ai boscaioli. Ma non solo perché nella lista c’erano i contadini, li furgiari, e tutti gli
artigiani che iniziavano la loro giornata lavorativa di buon ora.
Dopo aver caricato e acceso la stufa, metteva tre o quattro pentolini sui fornelli elettrici per
sterilizzare aghi e siringhe, poi apriva il portone e faceva entrare i pazienti che dopo le cure,
andavano a lavorare.
Iniziava cosi la giornata del medico Zaffino: continuava fino alle dieci curando altre categorie di
ammalati (impiegati, commercianti e altri). Alle dieci del mattino era già fuori a fare le visite
domiciliari. Camminava per le vie del paese con la borsa degli strumenti necessari, la sigaretta
perennemente appiccicata alle labbra. La tosse non lo abbandonava mai. In quel periodo le strade
erano quasi deserte; qualunque rumore veniva amplificato e la gente sentendo quei colpi di tosse
diceva.”Arriva lu miedicu Zaffinu!”. Non c’era ombra di dubbio:era lui!
Il dottore Zaffino aveva un carattere complesso: altruista, caparbio, testardo, chiuso, diffidente,
aperto, generoso. Per ognuno di questi aggettivi ci sarebbe qualche aneddoto a conferma.
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Se qualcuno lo salutava dicendo “Buon giorno o buona sera” sistematicamente lui rispondeva:
- Bona ......... – e non andava oltre.
Un tardo pomeriggio, in uno dei rari momenti di riposo, era seduto a cavalcioni su una sedia
all’esterno del bar Bosco. Si trovava a passare di là mastru Ciro Barillari e ha salutato il medico
che non ha ricambiato il saluto. Il mastro ha pensato che forse il dottore non aveva sentito e,
quindi, è ritornato sui suoi passi e ha rifatto il saluto. Nessuna risposta. Alla terza volta mastro Ciro
si avvicinato e ha chiesto:
- Dottore vi ho fatto qualcosa ? Vi ho salutato tre volte e non mi avete risposto. Come mai ? –
- Ma, per caso, ti ho detto io di salutarmi ?! – fu la risposta secca del dottore.
Per visitare gli ammalati Il medico Zaffino andava a piedi per ripararsi con l’ombrello se pioveva o
con la bicicletta se era bel tempo. Questo suo mezzo di trasporto era divenuto anche un segno di
riconoscimento e chi passava per le vie del paese sapeva che in quell’abitazione c’era
sicuramente un ammalato.
Negli ultimi tempi si era però aggiornato: aveva comprato una Vespa 125 con cui, però, non ebbe
mai eccessiva dimestichezza. Per lui quello che contava era raggiungere il più presto possibile i
suoi pazienti e stancarsi di meno senza camminare o pedalare.
Il cambio delle marce non esisteva: ingranava la prima, accelerava al massimo e via. Non gli
importava che il rumore del motore assordasse tutto l’ambiente circostante. Prima di partire dal
suo ambulatorio nei pressi del cinema Aurora accendeva l’ennesima sigaretta, il motore e via a
tutto gas. La gente che si trovava nei pressi della chiesa dell’Addolorata o anche più in là capiva
che : -”Arriva lu miedicu Zaffinu!”.
Per un paio di volte, per disattenzione o per inesperienza, ha ingranato la seconda marcia senza
accelerare: il motore si è spento e lui è caduto procurandosi
varie escoriazioni come ci racconta il preside Peppe Rachiele
che un pomeriggio lo ha aiutato a rialzarsi. L’ultima volta che gli
era successo si era recato presso l’officina di Cecè Neri perché
voleva che gli togliesse le altre marce e lasciasse solo la prima.
Cecè, dato che il dottore era un tipo ncazzusu ( se mi è
permesso l’uso dl termine) e insistente nelle sue richieste, ha
dovuto sudare le classiche sette camicie per convincerlo che
quella era un’operazione tecnicamente impossibile.
Quando si metteva una cosa in testa era molto difficile
convincerlo del contrario. Una volta il serbatoio della Vespa era rimasto a secco. Il medico,
rifiutando l’aiuto dei passanti, ha trascinato da solo lo scooter fino alle colonnine di Giovannino
Mannella al quale ha detto di riempire il serbatoio con tremila lire di miscela. Ad operazione
conclusa Giovannino ha chiesto solo 850 lire.
-“ Ti ho detto di mettere tremila lire di miscela, non ottocento – si è messo gridare il dottore – come
te lo devo dire, in italiano? “
In seguito alle insistenze incavolate, Giovannino, per convincerlo, ha aperto il tappo del serbatoio e
ha fatto notare che la miscela arrivava all’orlo. Finalmente il dottore si era convinto. Ha messo in
moto e si è allontanato rombante per continuare le visite dei suoi pazienti.
Fra le altre attività mediche si dedicava anche a quelle del dentista. In quei tempi, al contrario di
oggi, non esisteva una cura specifica per i denti. Se facevano male o erano cariati venivano
strappati anche senza anestetici e senza tanti preamboli.
Si era ai primi anni ’50. A Serra San Bruno bisognava eleggere la nuova amministrazione
comunale. C’erano due liste forti e agguerrite: quelle delle Tre Stelle guidata dalla famiglia De
Stefano e quella di San Bruno appoggiata, fra gli altri, dal medico Zaffino.
Durante il periodo della campagna elettorale si era presentata nel suo studio una signora con una
guancia gonfia e in lacrime per il dolore. Il medico non ci ha pensato due volte e ha preparato i ferri
per l’estrazione. Prima di iniziare ha chiesto.
- “ Rosarina, tu per chi voti?! ” –
- “ Dottore mio, - rispose la donna che evidentemente ignorava la composizione delle liste – Per
chi dite che andrò a votare, pi don Rafilinu De Stefanu, no?”
- “Ah!....” mugugnò secco il dottore e non disse altro.
Dopo l’estrazione del dente Rosarina ha ringraziato e stava andando via sapendo che per la sua
generosità solitamente quel lavoro il medico lo svolgeva gratis.
- “ Dove vai ? – esclamò con voce alterata il dottore – Senza pagare te ne vuoi andare ! Metti
prima sul tavolo 25 lire e poi te ne puoi andare”
La donna stupefatta per l’insolita richiesta ubbidì e mogia, mogia andò via.
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Subito dopo nello studio è entrata un’altra signora con lo stesso problema di denti.
Anche questa volta, prima di .... operare, il dottore ha chiesto:
-“ O Giulietta, tu per chi voti ?! “ –
-“ Ah dottore, non lo sapete per chi voto, per lista di San Bruno voto io ?! ”-
Alla fine dell’operazione la donna sta per andare via, ma il dottore l’ha bloccata e le ha detto:
- “ Prima di andartene prenditi quelle 25 lire sul tavolo che lasciato quella ..... quella ..... femmina di
prima.”
Ci sarebbero ancora decine di altri aneddoti sulla vita di questo uomo e tutti aggiungerebbero un
ritocco per completarne la figura eccezionale.
Nel 1998 l’amministrazione comunale guidata da Nazzareno Salerno ha voluto intestare al dottore
Zaffino una traversa di via Antonio Gramsci, in prossimità dal piazzale dove si svolge il mercato del
giovedì. Guardate la foto che pubblichiamo e osservate come è curata, pulita e mantenuta per
ricordare degnamente una persona che ha dedicato la vita per alleviare in qualunque ora del
giorno o della notte le sofferenze del prossimo.
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