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Arrivederci ...

Con immenso dolore annunciamo che è mancato all’affetto dei suoi cari il nostro amato Presidente Giacinto Damiani. Il funerale avrà luogo domani, sabato 21 maggio, alle ore 15.30 nella Chiesa di Maria Santissima dei Sette Dolori di Serra San Bruno (VV). Esempio di dedizione all’onestà, al lavoro e alla famiglia, lascia un vuoto incolmabile nel cuore di quanti in vita ne hanno apprezzato la profondità di cuore e l’impegno sociale. E’ infinitamente difficile trovare le parole giuste in questo momento per ricordare un amico, un collega, un padre; ma con la Sua lungimiranza ci ha lasciato in aiuto, tra le tante, questa poesia.     Sandro Gaetano Una lacrima per chi nasce, un sorriso per chi muore (Giacinto Damiani, 11.08.21) Se il riposo non ci fosse? Se il dolore dominasse? Se la vita fosse eterna? Tutti via con la lanterna  a cercare il Creatore, invocandone col core, Sora Morte e con fervore. Quandu muoru io? Faciti festa!  Ca io la tiegnu a parrari! A cui assumigghja sora Morte? Nu puo

Le narrazioni, di Franco Gambino.

 "il.. grande narratore"


Dottor Gabriele Zaffino medico condotto

di Franco Gambino

Erano le otto del mattino del 21 gennaio 1963. Da qualche minuto avevo lasciato la sede centrale

della Scuola Media “Chimirri” per recarmi alla succursale “Barillari” alle spalle della chiesa Matrice,

dove insegnavo lettere.

Prima di varcare il corso Umberto I° ho girato lo sguardo verso il cinema “Aurora” e , in prossimità

del portone della casa di fronte, ho visto un gruppo di persone in stato di agitazione. Alcune donne

piangevano e si mettevano le mani nei capelli, alcuni uomini gridavano ed entravano

nell’ambulatorio del dr. Zaffino per uscirne, poi, commossi e frastornati. Ho chiesto notizie: il

dottore Gabriele Zaffino era morto. Giaceva disteso sul letto, cianotico in viso perché la tosse, la

sua solita forte ed indistruttibile tosse lo aveva soffocato.

Anche io sono rimasto emotivamente colpito. Lo avevo visto la sera precedente dirigersi fuori

paese. Era accompagnato da Zeno Vavalà, lu carcirieri, che sosteneva un ombrello per ripararsi

da una pioggia torrenziale mista a neve. Il dottore indossava solo la camicia, su cui spiccavano le

bretelle dei pantaloni, con le maniche rimboccate. Si dirigevano verso il carcere perché ( come ho

saputo dopo) doveva visitare un detenuto che si era sentito male.

La perdita del medico Zaffino si è subito manifestata grave per tutta la popolazione di Serra San

Bruno, non solo come persona buona, generosa e altruista, ma anche e principalmente per la sua

attività, o meglio, per la sua missione.

Dalle colonne di questa nostra rivista Ciccio Pisani di li Guierri ha già parlato con dovizia di

particolari di quest’uomo. A noi piace ancora una volta ricordarlo attraverso alcuni aneddoti che

hanno disegnato più compiutamente la sua personalità.

Per assistere i suoi ammalati non osservava nessun burocratico orario, perchè le malattie, come

diceva, non osservano nessun orario. Esse arrivano di giorno come di notte; al mattino come alla

sera, perciò là dove c’era un malato lui era presente.

Il suo ambulatorio (in via Fiume prima, sul corso Umberto poi) era sempre aperto anche quando lui

era momentaneamente assente perché impegnato in qualche visita domiciliare: d’estate finestre

spalancate per prendere aria e sole, d’inverno ambiente caldo e soffocante per via di quella grande

stufa “Becchi” di terracotta sempre arroventata.

Nei tempi passati l’assistenza sanitaria a Serra San Bruno era garantita da due condotte: quella di

Terravecchia e quella di Spinetto a cui erano assegnati due medici. Il titolare di quella di

Terravecchia era il dottore Zaffino.

Quando da noi l’attività economica era basata sull’artigianato e, quindi, anche sullo sfruttamento

dei boschi, a Serra c’erano molti boscaioli (li faccieri), i quali, armati di segaccio (li struncaturi) e di

scuri affilatissime e pesanti almeno due chili si recavano a piedi in montagna per abbattere gli

alberi. Non c’erano mezzi di trasporto allora anche perché le strade erano semplici mulattiere o

stradine adatte ai carri trainati dai buoi. Bisognava alzarsi presto, quindi, per raggiungere i boschi

montani. Già prima che si vedessero le prime luci dell’alba le carovane di uomini, donne e animali

da tiro si arrampicavano su per le impervie vie che conducevano sul posto di lavoro. Gli uomini

abbattevano gli alberi e le donne li ripulivano dei rami che poi venivano raccolti in fasci e trasportati

sulla testa protetta da curuni di stracci giù verso il paese per la vendita e per la riserva invernale.

Il dottore Zaffino era anche lui mattiniero. Addirittura si alzava dal letto verso le quattro del mattino

perché doveva essere pronto a fare il medico per coloro che andavano al lavoro e avevano

bisogno di qualche iniezione o disinfezione o cura delle varie ferite che quel tipo di lavoro

procurava ai boscaioli. Ma non solo perché nella lista c’erano i contadini, li furgiari, e tutti gli

artigiani che iniziavano la loro giornata lavorativa di buon ora.

Dopo aver caricato e acceso la stufa, metteva tre o quattro pentolini sui fornelli elettrici per

sterilizzare aghi e siringhe, poi apriva il portone e faceva entrare i pazienti che dopo le cure,

andavano a lavorare.

Iniziava cosi la giornata del medico Zaffino: continuava fino alle dieci curando altre categorie di

ammalati (impiegati, commercianti e altri). Alle dieci del mattino era già fuori a fare le visite

domiciliari. Camminava per le vie del paese con la borsa degli strumenti necessari, la sigaretta

perennemente appiccicata alle labbra. La tosse non lo abbandonava mai. In quel periodo le strade

erano quasi deserte; qualunque rumore veniva amplificato e la gente sentendo quei colpi di tosse

diceva.”Arriva lu miedicu Zaffinu!”. Non c’era ombra di dubbio:era lui!

Il dottore Zaffino aveva un carattere complesso: altruista, caparbio, testardo, chiuso, diffidente,

aperto, generoso. Per ognuno di questi aggettivi ci sarebbe qualche aneddoto a conferma.

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Se qualcuno lo salutava dicendo “Buon giorno o buona sera” sistematicamente lui rispondeva:

- Bona ......... – e non andava oltre.

Un tardo pomeriggio, in uno dei rari momenti di riposo, era seduto a cavalcioni su una sedia

all’esterno del bar Bosco. Si trovava a passare di là mastru Ciro Barillari e ha salutato il medico

che non ha ricambiato il saluto. Il mastro ha pensato che forse il dottore non aveva sentito e,

quindi, è ritornato sui suoi passi e ha rifatto il saluto. Nessuna risposta. Alla terza volta mastro Ciro

si avvicinato e ha chiesto:

- Dottore vi ho fatto qualcosa ? Vi ho salutato tre volte e non mi avete risposto. Come mai ? –

- Ma, per caso, ti ho detto io di salutarmi ?! – fu la risposta secca del dottore.

Per visitare gli ammalati Il medico Zaffino andava a piedi per ripararsi con l’ombrello se pioveva o

con la bicicletta se era bel tempo. Questo suo mezzo di trasporto era divenuto anche un segno di

riconoscimento e chi passava per le vie del paese sapeva che in quell’abitazione c’era

sicuramente un ammalato.

Negli ultimi tempi si era però aggiornato: aveva comprato una Vespa 125 con cui, però, non ebbe

mai eccessiva dimestichezza. Per lui quello che contava era raggiungere il più presto possibile i

suoi pazienti e stancarsi di meno senza camminare o pedalare.

Il cambio delle marce non esisteva: ingranava la prima, accelerava al massimo e via. Non gli

importava che il rumore del motore assordasse tutto l’ambiente circostante. Prima di partire dal

suo ambulatorio nei pressi del cinema Aurora accendeva l’ennesima sigaretta, il motore e via a

tutto gas. La gente che si trovava nei pressi della chiesa dell’Addolorata o anche più in là capiva

che : -”Arriva lu miedicu Zaffinu!”.


Per un paio di volte, per disattenzione o per inesperienza, ha ingranato la seconda marcia senza

accelerare: il motore si è spento e lui è caduto procurandosi

varie escoriazioni come ci racconta il preside Peppe Rachiele

che un pomeriggio lo ha aiutato a rialzarsi. L’ultima volta che gli

era successo si era recato presso l’officina di Cecè Neri perché

voleva che gli togliesse le altre marce e lasciasse solo la prima.

Cecè, dato che il dottore era un tipo ncazzusu ( se mi è

permesso l’uso dl termine) e insistente nelle sue richieste, ha

dovuto sudare le classiche sette camicie per convincerlo che

quella era un’operazione tecnicamente impossibile.

Quando si metteva una cosa in testa era molto difficile

convincerlo del contrario. Una volta il serbatoio della Vespa era rimasto a secco. Il medico,

rifiutando l’aiuto dei passanti, ha trascinato da solo lo scooter fino alle colonnine di Giovannino

Mannella al quale ha detto di riempire il serbatoio con tremila lire di miscela. Ad operazione

conclusa Giovannino ha chiesto solo 850 lire.

-“ Ti ho detto di mettere tremila lire di miscela, non ottocento – si è messo gridare il dottore – come

te lo devo dire, in italiano? “

In seguito alle insistenze incavolate, Giovannino, per convincerlo, ha aperto il tappo del serbatoio e

ha fatto notare che la miscela arrivava all’orlo. Finalmente il dottore si era convinto. Ha messo in

moto e si è allontanato rombante per continuare le visite dei suoi pazienti.

Fra le altre attività mediche si dedicava anche a quelle del dentista. In quei tempi, al contrario di

oggi, non esisteva una cura specifica per i denti. Se facevano male o erano cariati venivano

strappati anche senza anestetici e senza tanti preamboli.

Si era ai primi anni ’50. A Serra San Bruno bisognava eleggere la nuova amministrazione

comunale. C’erano due liste forti e agguerrite: quelle delle Tre Stelle guidata dalla famiglia De

Stefano e quella di San Bruno appoggiata, fra gli altri, dal medico Zaffino.

Durante il periodo della campagna elettorale si era presentata nel suo studio una signora con una

guancia gonfia e in lacrime per il dolore. Il medico non ci ha pensato due volte e ha preparato i ferri

per l’estrazione. Prima di iniziare ha chiesto.

- “ Rosarina, tu per chi voti?! ” –

- “ Dottore mio, - rispose la donna che evidentemente ignorava la composizione delle liste – Per

chi dite che andrò a votare, pi don Rafilinu De Stefanu, no?”

- “Ah!....” mugugnò secco il dottore e non disse altro.

Dopo l’estrazione del dente Rosarina ha ringraziato e stava andando via sapendo che per la sua

generosità solitamente quel lavoro il medico lo svolgeva gratis.

- “ Dove vai ? – esclamò con voce alterata il dottore – Senza pagare te ne vuoi andare ! Metti

prima sul tavolo 25 lire e poi te ne puoi andare”

La donna stupefatta per l’insolita richiesta ubbidì e mogia, mogia andò via.

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Subito dopo nello studio è entrata un’altra signora con lo stesso problema di denti.

Anche questa volta, prima di .... operare, il dottore ha chiesto:

-“ O Giulietta, tu per chi voti ?! “ –

-“ Ah dottore, non lo sapete per chi voto, per lista di San Bruno voto io ?! ”-

Alla fine dell’operazione la donna sta per andare via, ma il dottore l’ha bloccata e le ha detto:

- “ Prima di andartene prenditi quelle 25 lire sul tavolo che lasciato quella ..... quella ..... femmina di

prima.”

Ci sarebbero ancora decine di altri aneddoti sulla vita di questo uomo e tutti aggiungerebbero un

ritocco per completarne la figura eccezionale.

Nel 1998 l’amministrazione comunale guidata da Nazzareno Salerno ha voluto intestare al dottore

Zaffino una traversa di via Antonio Gramsci, in prossimità dal piazzale dove si svolge il mercato del

giovedì. Guardate la foto che pubblichiamo e osservate come è curata, pulita e mantenuta per

ricordare degnamente una persona che ha dedicato la vita per alleviare in qualunque ora del

giorno o della notte le sofferenze del prossimo.

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