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Arrivederci ...

Con immenso dolore annunciamo che è mancato all’affetto dei suoi cari il nostro amato Presidente Giacinto Damiani. Il funerale avrà luogo domani, sabato 21 maggio, alle ore 15.30 nella Chiesa di Maria Santissima dei Sette Dolori di Serra San Bruno (VV). Esempio di dedizione all’onestà, al lavoro e alla famiglia, lascia un vuoto incolmabile nel cuore di quanti in vita ne hanno apprezzato la profondità di cuore e l’impegno sociale. E’ infinitamente difficile trovare le parole giuste in questo momento per ricordare un amico, un collega, un padre; ma con la Sua lungimiranza ci ha lasciato in aiuto, tra le tante, questa poesia.     Sandro Gaetano Una lacrima per chi nasce, un sorriso per chi muore (Giacinto Damiani, 11.08.21) Se il riposo non ci fosse? Se il dolore dominasse? Se la vita fosse eterna? Tutti via con la lanterna  a cercare il Creatore, invocandone col core, Sora Morte e con fervore. Quandu muoru io? Faciti festa!  Ca io la tiegnu a parrari! A cui assumi...

Albo d'oro 2019 - "A Simana Santa" di Giuseppe Antonio Nardo

A SIMANA SANTA


Eccu a parma e l’oliveja  

A mmienzu a srata e ncia vaneja

A turri arrivau e puru a chiana 

Chija chi chiamanu a santa simana.

Li panni viola supa all’artari

Ca i chiju lignu t’hai i ricordari

Di chiju Cristu chi tantu patiu

E cu lamenti supa a cruci finìu.

Lu Santu Iuovi non sai chi mu dici

Si sentenu sulu tuocchi e carici

Quandu giranu sovrastanu tuttu

Pare chi ciangenu e tenenu luttu

Tuttu u Paisi accumpagna li vari

Pe chiji scali sempe cchiù amari 

A chiesa è china finu a fora a porta

E puru l’aria pare ch’è morta

Supa all’artari sepurcri e luci

Per adorare Chiju ch’è in cruci.


Ma la matina du juornu duopu

C’è tanta allegria in ogni luocu

Campani ed oceja fannu gran festa 

Pe chija azata improvvisa e lesta

Cu a curuja cu l’ova ntostati

Tutti a Cunfrunta mpistunati:

Fùjenu i statui a mmenza a chiazza

Ch’è china cuomu na tazza.


Finu o marti  nci facìa festa

Cu chiji sotizzi chi nci portavanu a resta

Di taraji u zainu chinu

E non mancava nu bicchieri i vinu.


Giuseppe Antonio Nardo



Traduzione: 


LA SETTIMANA SANTA


Ecco i rametti di palma e di ulivo (1)

In mezzo alla strada e nel vicolo

In cima al Paese dove c’era una torre è arrivata ed anche a valle

Quella che chiamano la santa settimana

I panni di colore viola sopra all’altare

Perché di quel legno ti devi ricordare

Di quel Cristo che tanto ha patito

E con lamenti sopra la croce è finito

Il Giovedì Santo non sai cosa dire

Si sentono solo i suoni delle “tocche” e dei “carici”(2)

Quando girano sovrastano tutto

Sembra che piangano e tengano lutto

Tutta il Paese accompagna le bare (3) 

Attraverso quelle scale  sempre più amare(4)

La chiesa è piena sino a fuori della porta 

Ed anche l’aria sembra che è morta

Sopra all’altare sepolcri(5) e luci

Per adorare Quello ch’è in croce.


Ma la mattina del giorno dopo

C’è tanta allegria in ogni luogo

Campane ed uccelli fanno gran festa

Per quella alzata improvvisa e lesta

Con la ciambella con le uova tostate 

Tutti alla “Cunfrunta”(6) elegantemente vestiti(7)

Corrono le statue in mezzo alla piazza

Ch’è piena come una tazza


Fino a martedì si faceva festa

Con quelle salsicce che si portavano come una treccia(8)

Di taralli(9) lo zaino pieno

E non mancava un bicchiere di vino


Giuseppe Antonio Nardo


NOTE:

(1) foglie di palma e ramoscelli d’ulivo utilizzati la Domenica delle palme dai fedeli;

(2) Si tratta di strumenti di legno che venivano utilizzati soprattutto dai ragazzi durante la settimana santa.   La “tocca” consisteva in una specie di cassa vuota all’interno della quale si faceva girare con entrambe le mani un pezzo di legno che con le sue sporgenze faceva vibrare delle lamelle più sottili .“carici” era il termine con cui si indicava uno strumento simile alla tocca e formato da una piccola ruota dentata di legno che, facendo girare con un apposito manico, sollevava una lamella più sottile. Entrambi gli strumenti producevano un suono stridulo e cupo che ben sottolineava l’atmosfera di passione dei giorni che precedevano la Pasqua;

(3) “vara”: termine che deriva dalla “bara” dentro cui si portava in processione il “cristo morto” accompagnato dalla statua della madonna;

(4) metafora utilizzata per indicare la fatica dovuta al peso delle statue portate in processione lungo una strada fatta  a gradini   ma anche  i patimenti , le sofferenze della  gente di quel paese di contadini;

(5) si tratta di vasi contenenti i semi di grano fatti germogliare in luoghi  umidi e bui  ed  utilizzati nelle chiese per addobbare gli spazi dedicati  alla rievocazione della passione di Cristo;

(6) con questo termine si indica il rito  del giorno di Pasqua consistente in un incontro ripetuto tra le statue di San Giovanni, la Madonna e Cristo. San Giovanni a più riprese annuncia alla madonna, che all’inizio non crede, la resurrezione di suo figlio;

(7) rigidi come dei pistoni cioè con i vestiti più nuovi ed eleganti; 

(8) con quelle salsicce che  il giorno di Pasquetta si portavano così come erano state intrecciate (“resta” significa treccia); la “resta” infatti era una specie di conformazione a treccia delle salsicce: quando il budello del maiale era ancora fresco veniva strozzato a tratti e legato con spago,  per consentire una migliore conservazione ed una  essiccatura più riuscita;

(9) ciambelle  impastate con latte, farina, zucchero, uova e poi cotte al forno.


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