Si propone l'intervista di Gabriele Scalessa a Giacinto Damiani, autore del libro di poesie
Pinsati, manca un piede. Oggetto dell'intervista è la commemorazione del poeta serrese Bruno Pelaggi, il 21 maggio 2016, che ha portato alla fondazione di un Comitato Civico in suo onore e alla inaugurazione del monumento funebre presso il cimitero di Serra San Bruno.
Scalessa: Sig. Damiani, abbiamo letto il suo
??Pinsati?? Manca un piede (copertina a lato), e decine di poesie ricche di riflessioni, satira, ironia e autoironia. Il tutto conferma la presentazione del libello redatta dal prof. Vito Tassone, che parla di “somiglianza” fra la sua poesia e quella di Bruno Pelaggi, e di lei come di una sorta di “reincarnazione” del maestro serrese. I successivi commenti e le sette recensioni sinora scritte sul libro confermano queste idee. Complimenti: nemmeno un figlio avrebbe fatto ciò che lei ha realizzato per Pelaggi e non alludo solo al monumento.
Damiani: Caro Gabriele Scalessa, lei scrivendo la voce 'Bruno Pelaggi' per il Dizionario Biografico degli Italiani Treccani, ha sottratto il poeta, coi suoi grandi valori, all'oblio della nota incuria serrese, al punto che se dovessi ribattezzare il mio maestro avrei un solo nome: "Lazzaro". Lei ritiene che io, per Pelaggi, sia stato un figlio attento? Può anche darsi. Ma il miglior genitore è lei per aver dato nuova vita al poeta. Perciò grazie a nome mio e della Comunità delle Serre. Il suo fare non ha favorito solo la giornata di studi dedicata al poeta il 21 maggio 2016. Sostenerlo sarebbe offensivo, riduttivo: con il suo lavoro lei ha dato impulso ed il via a tutto quello che si sta facendo per le Serre, per il poeta che - lo speriamo - porterà ad altre attività e iniziative culturali.
S.: Sig. Damiani, grazie per il riconoscimento. Ora ci parli del Comitato e dei suoi obiettivi.
D: La mia esperienza e le nozioni di cui sono in possesso si iscrivono in quel solco di arguzia tracciato da Mastro Bruno e in qualche modo lo continuano. Tutto qui. Anche se probabilmente lui al mio posto avrebbe scritto e detto meglio le stesse cose. Non lo dica a nessuno, ma con Mastro Bruno è da ottobre 2014 che abbiamo un patto di granito, anche se fino a oggi segreto: io gli racconto tutto e lui, quando dormo, mi consiglia di conseguenza (mi permetto a tal proposito di rimandare alla mia poesia Auguri a Mastru Brunu). Torno alla domanda. Il Comitato si pone obiettivi realistici. Non pretendiamo certo di cambiare. Proviamo anzitutto a migliorare noi stessi, quindi il territorio in cui viviamo e poi la politica. I partiti, spesso per i consensi, creano immobilismo. Il Sistema (26) migliora con la cultura (chicazzesti ...?), ma senza l’Unione (l’uniuoni) non c’è cultura (l’esperienza). Il nostro dovere in qualità di Comitato consiste nell' “aiutare gratuitamente” politica, associazioni, comunità ed evitare divisioni. Pensiamo un territorio di cui vantarsi e non vergognarsi (32).( Lettera della befana a Mastro Bruno)
S.: Ci presenti Mastro Bruno.
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Bruno Pelaggi |
D.: Mastro Bruno Pelaggi era un poeta scalpellino, autore di decine di poesie in dialetto serrese e, secondo molti, analfabeta. Privo di sapere scolastico, colmava tale lacuna, mirabilmente, grazie alla prodigiosa memoria, all’arguzia, all’intelligenza e alla colta primogenita Maria Stella, che, a richiesta del papà leggeva e scriveva per lui. Pelaggi incarna il bandolo dell'unica cultura che io conosca: quella semplice, pratica, dell'educazione, della riflessione, della meritocrazia, dell’indispensabile, del rispetto e dell’altruismo. Del pensare prima per non rimediare dopo. La sua cultura ancora oggi ci appare come universale. Studio, conoscenza, nozioni, sono validi solo se latori di tale cultura, che non può difettare in ogni persona civile. Così in un frutto, qualità e bontà, dànno valore all’apparenza esterna, traendone a loro volta giovamento. Molti fra coloro che non riconoscono tale principio, e separano la cultura “alta” da quella che ha invece carattere universale, sembrano sposare le leggi fondamentali della stupidità umana stilate con ironia da C.M. Cipolla, che Madre Natura ha elargito in percentuale simile a tutti gli esseri umani di ogni categoria sociale.
S.: Quando lo conobbe?
D.: Beh, non l'ho ancora conosciuto personalmente, ma prima o poi dovrà accadere, anche se spero il più tardi possibile...
S.: No, intendevo: quando ne conobbe l'opera?
D.: Sì, la mia era solo una battuta... Lessi la prima poesia di Pelaggi nel 1955. Era Li fimmini culli zzuoccula
. Ricordo che era su un foglio di carta, vergato a mano, forse da mio padre. Lessi con morbosa curiosità i versi in cui descriveva “lu culu di Rosa” e imparai tutta la poesia a memoria. Riuscii quindi a procurarmi e lessi le altre. Fu una specie di colpo di fulmine. Mi impressionarono fin all’inizio l’ironia verso gli altri e verso sé stesso (Mastru Brunu Pelaggi mina li pedi a squatru
), ma anche altri aspetti caratteriali e comportamentali, che mi sembrava di poter evincere dalle liriche. Un Pelaggi senza cultura e nozioni, analfabeta, eppure consapevole della propria condizione e ossessionato dalla miseria, dal regime, dalla stupidaggine di certi serresi e dei paesi vicini (come nella poesia La pigghiata di Bregnaturi
). Poi l'anno dopo, sedicenne, gli dedicai una mia personale Cronaca Sirrisi
.
S.: Ha intuito questi aspetti alla lettura delle poesie?
D.: Le sue poesie sono come lettere: trasmettono la personalità dell'autore. Ad esse mi accomuna il dialetto (anche se è mutato nel tempo), che resta risorsa rara , ideale per tramandare il vivere di ogni giorno e del passato, e le esperienze, meglio se fatte sulle spalle altrui perché non devi pagarle. La povertà, più o meno grande, è una costante dei secoli: ti segna. Ho avuto la fortuna di conviverci, per anni (qui, di nuovo, mi permetto di rimandare alla mia poesia La Mollichina).
S.: Quali altre affinità ha trovato fra lei e Pelaggi?
D.: La più importante è quella di vivere senza stipendio, alzarsi al mattino e cercarsi il lavoro, inventarlo, meritarne la retribuzione, la stima, la riconoscenza. Lo stipendio troppo spesso crea parassiti. Pelaggi lavorava con cinque tipi di granito; io, con cinque tipi di uomini ben classificati da Leonardo Sciascia nel suo libro “Il Giorno della Civetta” (omini, menzomini, ominicchi, pigghia nculu, quaquaraquà). Procedure e approcci sono affini. Il granito è come un cliente. La prima difficoltà sta nel cercarlo, portarlo alla luce, studiarlo. L’assicuratore si comporta come lo scalpellino. Di fronte al cliente/granito, io e Pelaggi ricerchiamo lati forti e deboli, pregi e difetti, analizziamo cosa si può fare per raggiungere un buon esito finale. Pensare prima per non essere poi costretti a rimediare. Si tratta, si lavora, la materia prima. Se il richiedente sarà soddisfatto, ne guadagneranno testimonianza, compenso, sopravvivenza. Ma ovviamente le difficoltà che viveva Pelaggi erano ben più gravose: forgiato da tempi difficili, di miseria, di mancanza di lavoro, doveva anche vedersela con la “gente” e le sue idee.
S.: E quali sono le differenze fra la sua poesia e quella di Pelaggi?
D.: Sicuramente ce ne sono a livello contenutistico. Le mie poesie parlano del presente. Come ho detto in Lu chianu di nitila, la mia impressione è che siamo diventati più progrediti ma più incivili, come se avessimo svenduto la civiltà e l'educazione in nome del progresso. I motivi di ciò (che ho espresso in Mi nsunnavi a Mastru Brunu e Lu partitu di l’astenziuoni) li spiega Carlo Maria Cipolla nelle "5 leggi della stupidità umana”, l’essenza delle quali guidano le scelte, non sempre pacifiche, dei grandi imperi (La stampedha) che programmano, con anticipo (Lu ringrazziamientu, Lu messaggiu di lu Zzaccanu) di diversi lustri, il destino di altri popoli, servendosi, all’uopo, proprio di quella percentuale di stupidi (Lu cazzunintelligenti) di cui scrive Cipolla. Mastro Bruno era allergico agli stupidi, da evitare perché producevano i danni che risultavano immediatamente. Oggi gli stupidi li distingue solo chi li usa o li pratica e i danni prodotti sono enormi e si misurano spesso solo dopo anni.
Un'altra differenza sta negli sfoghi di Mastru Brunu, che erano “verticali”, rivolti cioè a destinatari esclusivi, se si pensa alle varie Lettere al Padreterno, al diavolo, passando per il re. Ce n'è anche una Alla Vergine Maria
, che contrasta con quella inquieta del monologo, sempre verticale, Alla luna
. Ma se questi sfoghi sono in qualche modo inoffensivi, molto più "pericolosi" erano quelli delle sue satire. E dico pericolosi perché i tempi non permettevano certo di esprimere a cuor leggere il proprio pensiero, di criticare o suggerire. Al massimo ci si poteva lamentare in modi urbani (come ho scritto nella poesia Lu 21 Maiu: ”vui alli tiempi chi scrivistivu, vi putiavu / lamintari, no ciertu criticari o suggeriri”). Ma Pelaggi era fortunato, perché aveva dalla sua l'apprezzamento del ministro Chimirri. I miei testi satirici, invece,"orizzontali" vengono da un contesto di democrazia, e, sebbene seguano in forza e sdegno la lezione del maestro, appaiono certo assai meno pericolosi perché sono propositive esortano il politico, non personalizzano, non lo attaccano. Si rivolgono ai cittadini che col voto o l'astensione determinano il sistema e il conseguente comportamento dei politici.
S.: C'è dell'altro?
D.: Vorrei parlare dell'evento del 21 maggio 2016, allorché celebrammo la figura di Pelaggi in una giornata di studi ad hoc
. (vedi foto) L'organizzazione di tale evento è stata possibile solo grazie a una sorprendente unione di menti e braccia, tutte accomunate dal medesimo intento: quello di perpetuare la memoria del maestro scalpellino; unione idealmente sintetizzata dall’abbraccio civile di quelli che erano all'epoca i tre candidati a sindaco. Si è trattato di una data storica, e mi piace ricordare le coincidenze che le hanno fatto da cornice. Sono affrontate nel Messaggio di lu Zzaccanu
, testamento di Mastru Brunu ai giovani, di cui mi sono fatto latore. Ebbene, l'evento ha avuto luogo presso la Sala Bruno Chimirri, già Scuola Media Statale, presso cui sono stato alunno il secolo scorso... Ed è stato per me significativo il fatto di tornarvi dopo sessant'anni, a parlare di colui che considero mio maestro.
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Bruno Chimirri |
S.: Un'altra coincidenza potrebbe essere la sua vicinanza di casa con l'on. Bruno Censore (
la cammisa), allo stesso modo in cui Pelaggi abitava vicino a un altro onorevole, quel Bruno Chimirri che fu Ministro di grazia e giustizia, poi del tesoro ...
D.: Sì, certo.
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On. Bruno Censore |
S.: Se abbiamo ben capito, dunque, con la sua opera lei celebra l’apoteosi di Mastro Brunu, con poesie cariche di significato e insegnamenti, alcune delle quali vengono presentate in versione trilingue (non solo l'originale in dialetto e l'adattamento in italiano per facilitarne la comprensione a coloro che non hanno dimestichezza con il dialetto serrese, ma anche la traduzione in inglese). Concluda citando dei versi significativi di Pelaggi.
D.: Mi sembra giusto citare i versi che ricordano quel 21 maggio:
"Circamma aiutu a tutti li sirrisi - sulu quarchi eccizziuoni rispundiu e dui samaritani di patri surianisi - nu puliticu di razza - la nciclopidia"
(lu 21 Maiu).
Prof. Gabriele Scalessa
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