Certosa di Serra San Bruno, 1.4.2017
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Giuseppe Maria Pisani |
I tempi d’intervento, mi obbligano ad esporre questa modesta testimonianza, quando invece potrei e dovrei dire tanto. Non è facile voler dimostrare la grandezza interiore dell’uomo e dell’educatore, il suo innato senso della psicologia e i ricordi che contano e che formano. Molti altri, allievi e tanti in particolare, hanno beneficiato della sua esperienza. Correva l’anno 1956, da oltre due anni, ero “un caso limite ”, gli ottimisti prevedevano, per me, un funerale a breve, o un futuro ai limiti della legalità. Odiavo studiare. Stavo per arruolarmi nella ”Legione Straniera”. Ma piccoli episodi, concatenati tra loro, comprendi dopo anni, ci mutano l’esistenza. A settembre, 16 anni, composi “cronaca sirrisi” poesia, che richiamava, Giusmaria, (si capirà, nel prosieguo, tale nome). La poesia era dedicata a Mastro Bruno Pelaggi, del quale ne avevo letto alcune, chiaramente “copie scritte mano” e ne rimasi colpito. Scappavo da casa, per giorni e notti, commettevo incredibili sciocchezze, affrontavo situazioni assurde, ma il frustino di mio padre mi terrorizzava tanto che, una volta restai ”ospite” degli zingari al bivio Angitola per più di due settimane. Per non essere riacciuffato, le notti dormivo, sempre all’aperto, in luoghi impensati a ridosso del cimitero. Giusmaria già dal 1954 mi era amico e spesso, per trovare rifugio e un po' di pane, stavo nel Suo laboratorio, mai preoccupato che potesse tradirmi. Anzi, la sensibilità lo induceva a inviare a mia madre, buone notizie sulla mia salute, legandoli a fortuiti incontri in luoghi ”di paesi circostanti”. Copriva, le mie fughe, insomma, e il perché lo compresi dopo. Lui nato il 1927, io nel 1940. Era convinto di potermi recuperare, bontà sua. All’inizio mi trattò bene, non capivo per quali meriti e, dopo la mia terza bocciatura, del 1955/56, mi trattò ancora meglio. Un giorno, ruppi inavvertitamente un vaso: restai male, e Lui, sorriso disarmante, disse: “non preoccuparti esiste una colla che pochi conoscono, fa miracoli, fa tornare il tutto come se fosse nuovo, poi ti darò il nome, ti servirà”. Sempre sorridendo, come se niente fosse successo, mi invitò a sedermi raccomandandomi di stare fermo qualche minuto: “voglio provare a farti il ritratto”, disse. In breve finì.
Ignoravo il genere artistico delle caricature e pertanto non potevo evitare di reagire male: “ questa è una schifezza non un ritratto” e, aggiunsi, “non sai manco firmare, hai scritto metà nome e io ti chiamo GIUS+MARIA”. Sorrise dicendomi: “mi sta bene, a condizione però, che tu faccia giudicare il lavoro da tuo papà”. Convinto di aver ragione, volai. Mio padre ascoltò, vide, giudicò e volle che lo accompagnassi in laboratorio dove proferì: “Signor Pisani sono mortificato, mio figlio non studia, è ignorante e presuntuoso, colleziona solo figuracce, non ha capito che una caricatura, è sempre un onore, specie se fatta da artista come Lei”. Al che azzardai: ”ma papà nelle strade che percorro non ci sono galline” e Lui di rimando: “se così fosse, quelle testimoniano di quando, per punizione, dormivi nel pollaio”. Al momento del saluto, il buon Giusmaria disse a mio padre: “maresciallo vi prego di credere, vi darà soddisfazioni, solo l’età l’ha distratto; fate leggere da competenti le poesie, da esse emerge chiaro un carattere originale, pratico, autoironico, distingue cause da effetti. Si riapproprierà presto del giusto equilibrio”. Io, fuori dalla porta, non visto, ascoltavo. Però, non potei fare a meno di andare a trovarlo, il giorno dopo, per chiedergli di non prendere in giro mio papà. Non si scompose e disse,” so che hai ascoltato, a tuo papà confermerò e sottoscriverò le convinzioni espresse, potrai leggerne il contenuto, ti consegno la lettera e la busta aperta”. Prima di lasciarlo ringraziai e gli chiesi nome e composizione della colla. Rispose: ”il nome è ‘unione’, la composizione è solo la fatica e la volontà di non dividere, le cose divise, sono come le inimicizie, dannose”. Prima di uscire incollai la busta, sigillando in essa un contenuto di preziosi insegnamenti, esperienze, utili ricordi. Contenuto e colla, non ho mai smesso di usarli, li ho messi a frutto e trapiantati, in figlie, nipoti, lavoro. Quella busta mai conobbe il fittizio destinatario, ma quello vero, Giacinto Damiani.
Grazie Giusmaria. A rivederci.
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