in onore
Ecc.mo Console Generale di Colonia
Dr.Pierluigi Giuseppe Ferraro
con.colonia@cert.esteri.it
Oggetto: gemellaggio tra le città di Colonia e Serra San Bruno in onore di San Bruno nato a Colonia.
Sua Eccellenza
saprà, vorrà perdonarmi per il disturbo che arreco, confido la causa mi
giustifichi. Per tale motivo e Sua comodità allego, su San Bruno da Colonia, sintetica relazione del nostro socio, giornalista prof. Mimmo Stirparo, da Crotone
Mi chiamo Giacinto Damiani, nato il 1940 e, residente a
Serra San Bruno, scrivo anche qualità di presidente del
"Comitato Civico Mastro Bruno" che tanto promuove e realizza, gratuitamente, per il Territorio.
Prediligiamo la figura di Pelaggi Bruno, meglio conosciuto come "Mastro Bruno" (15.9.1837-6.1.1912) perché ottimo scalpellino serrese, poeta analfabeta conclamato, per sua stessa dichiarazione il 30.8.1867, vedi atto di matrimonio e ben 23 anni dopo nel 1890 censito ancora come analfabeta,
non avente diritto al voto, dalla Gazzetta Ufficiale. (Informazioni e documenti,
gentilmente donati dallo storico d'arte prof. Domenico Pisani da Soverato e
basilari per poter realizzare il blog:
mastro-bruno.blogspot.com. Attraverso tale strumento continueremo a far viaggiare di questo poeta, unico per requisiti, la sua cultura universale da noi riscoperta, valorizzata, ha già imboccato le vie del mondo, attraverso le rappresentanze d'Italia all'estero.
Per Mastro Bruno poeta, inserito il novembre 2014, nel dizionario biografico
della Treccani dal Curatore della stessa, prof. Gabriele Scalessa, abbiamo realizzato:
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Il 2015,
per beneficienza, libello satirico, costruttivo e di esortazione ai politici
??PINSATI??...MANCA UN PIEDE.
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Il 2017 un
sofisticato blog, a traduzione istantanea in tutte le lingue, (da
completare il sonoro per il vernacolo che evita la parte ostica della
lettura). Tutte le poesie saranno ascoltate perché declamate.
-
Il
2018 il
1°
Concorso Internazionale di poesia in
vernacolo, in lingua italiana e straniera, pro territorio da Soverato a
Nardodipace, Stilo e Aspromonte con idee apprezzate e realizzabili.
Non abbiamo pianto il morto per fottere il vivo. Operiamo attraverso chi ci stima e con amici volontari. La cultura fine a sé stessa è inutile, dannosa. Lei è pragmatico, ha grande carisma, è la personalità idonea. Ci aiuti. Se vorrà e potrà assicuraci il gradimento del Borgomastro di Colonia, i cittadini serresi, enti, istituzioni e per tutti, il nostro giovane sindaco Luigi Tassone sarà onorato e lieto di ufficializzare quanto in epigrafe, con relativa richiesta. E' gradito l'incontro per porgere coi migliori saluti, infiniti ringraziamenti e auguri di buon lavoro.
ALLEGATA: relazione Stirparo IL PRESIDENTE
Relazione
Brunone, questo il suo nome originario, è nato a Colonia attorno al 1030 e sin da giovane seguì gli studi secolari prima e teologici poi nella stessa città tedesca e successivamente a Reims. Qui “fu molto amato e stimato, oltre che negli ambienti ecclesiastici, anche nelle alte sfere laiche intellettuali in cui godeva grande fama di uomo sapiente, giusto, buono e religioso” come riferisce Agostino Rebecchi. I suoi primi anni sacerdotali lo videro poeta e saggista e, nonostante la giovane età, Canonico della Cattedrale di Colonia e poi del Capitolo di Reims dove diventò anche Rettore e Cancelliere della Diocesi nel 1075. L’anno dopo Bruno lasciò la città francese per seguire la sua vocazione monastica. Nel frattempo, 1068, diventava arcivescovo di Reims un tal Manasse che aveva acquistato il porporato in maniera simoniaca: conduceva vita scandalosa e depravata, profanava le chiese, vendeva le cariche ecclesiastiche minori e soprattutto non stava certamente dalla parte degli umili. E Bruno non stette a guardare perché combattè sia Manasse che la simonia nei Concili di Autun del 1077 e di Lione del 1080 ma non mancò la reazione dell’accusato. Così il nostro Santo dovette allontanarsi da Reims per poi essere riaccolto da quel Capitolo e da quel popolo in seguito alla destituzione del Manasse. A questo punto, però, Brunone non era più lo stesso o meglio era sempre quel santo uomo di chiesa che non voleva più occuparsi della Curia contaminata come era stata da intrighi ed interessi personali. E qui, nonostante la proposta di una sua elezione alla guida della Chiesa di Reims, si manifestò il suo grande desiderio di sempre: ritirarsi in preghiera in luoghi solitari per stare sempre più vicino a Dio. Per realizzare tale sogno, coi compagni, tali Pietro e Lamberto si ritirò nell’Abbazia benedettina di Molesmes. Ma, scrive ancora Rebecchi, “quella vita monastica non risponde però alle sue esigenze. Accorgendosi di ciò l’Abate del convento, allora san Roberto, offre al nostro Santo un luogo più solitario nella vicina Sèche – Fontane. Ma neanche questa località sembra adattarsi ai suoi bisogni spirituali giacchè spesso è visitato da amici e discepoli ansiosi di rivederlo e conferire con lui. Ma, dopo uno scambio di idee con san Roberto, decise di recarsi ancora più lontano, verso le Alpi, nel Delfinato, ove immense estensioni boschive e montane potevano consentirgli una vita più solitaria”.
Assieme a sei compagni arrivò a Grenoble ben accolto dal vescovo Ugone che, qualche notte prima, aveva fatto un sogno abbastanza premonitore: sette stelle erano cadute ai suoi piedi, poi erano ritornate nello spazio e dopo aver vagato per un po’ si erano posate su un magnifico tempio. Ebbene erano proprio i sette pellegrini che chiedevano al vescovo ospitalità e un luogo solitario di alta montagna. Così è stato. San Bruno e i suoi fedeli compagni si fermarono nella località montana (977 mt, slm) detta Chartreuse circondata da alte conifere e qui fece edificare una chiesetta. Quindi i primi eremiti indossarono l’abito bianco e rozzo e cominciarono la loro vita tutta all’insegna della preghiera, del silenzio, della contemplazione e della penitenza. Qui, infatti, si costruiscono un ambiente per la preghiera comune e sette baracche dove ciascuno vive pregando e lavorando: una vita da eremiti con pochi momenti comunitari coma avviene ancora oggi.
È nato così il primo nucleo dell’Ordine Certosino, detto anche Cartusiano dal toponimo della montagna francese. Era l’anno 1084 e ventisette anni dopo la morte del suo fondatore (1101), il tenore di vita di quei primi monaci diventerà Regola scritta dell’Ordine. Ma il loro silenzio non era poi così lontano dal mondo se, come riporta Rebecchi, “la loro fama di religiosi e la loro gloria si diffusero…fino a Roma, sicchè Papa Urbano II, che era stato a Reims discepolo di Bruno…volle il suo antico Maestro presso di sé e lo chiamò alla Corte Papale”.
E Bruno, per obbedienza e con tanta tristezza per il silenzio delle montagne francesi abbandonato, raggiunse Roma e il suo discepolo che lo prese con sé come consigliere personale. Erano gli anni di un gravissimo scisma con Urbano II costretto a scendere fino in Calabria assieme a Bruno e qui il Santo Padre offrì la vacante sede arcivescovile di Reggio al Maestro certosino. Ma il nostro monaco nonostante le sollecitazioni del Papa, non accettò ed anzi, non trovando conforme ai suoi propositi la vita curiale, chiese di potersi allontanare in un luogo di estremo silenzio della regione. Così il Certosino, tra le montagne aspromontane, arrivò fino a Mileto, allora sede capitale del Conte Ruggero I il Normanno, e da questi gli fu donato un territorio a 900 mt, slm tra Stilo e Arena, detto Torre, l’attuale Santa Maria di Serra San Bruno, bagnata dal fiume Ancinale, il greco Ekinar. Qui nacque il primo cenobio certosino in cui Bruno ed i suoi compagni cominciarono a dimorare in semplici rifugi, anzi il Santo per il riposo della notte scelse una piccola grotta scavata naturalmente tra il granito della montagna e per i suoi momenti penitenziali la gelida acqua dell’Ancinale da dove prende origine. È nata così la Certosa di Serra San Bruno, la prima e unica in Italia fondata dal Santo di Colonia. Poi venne, poco più a valle, la sede certosina, quella di oggi, della contrada Santo Stefano, per quei frati che non reggevano la rigidità del clima di Santa Maria.
Da allora, scrive Domenico Agazzo, “sempre pochi e sempre vivi i certosini: a Serra, vicino a Bruno, e altrove, passando attraverso guerre, terremoti, rivoluzioni. Sempre fedeli allo spirito primitivo. Una comunità, ‘mai riformata perché mai deformata’. Come la voleva Bruno.” Il Santo, dopo aver battezzato il primogenito di Ruggero, trovò la morte il 6 ottobre del 1101 tra gli abeti e l’Ancinale e qui le sue ossa rimasero per alcuni secoli fino a quando nel giorno di Pentecoste, tra il 1502 e il 1508 furono rinvenute dietro l’altare dell’antica chiesetta dedicata alla Vergine del Bosco. Da allora Serra solennizza il suo fondatore e protettore nei giorni della Pentecoste e il 6 ottobre dies natalis. Attorno alla vita di san Bruno e alla Certosa serrese è vasta la letteratura, una letteratura che va dalle origini ai nostri giorni, una letteratura che è sempre stata e lo sarà nel futuro conforto per generazioni di studiosi, cultori, fedeli e curiosi. E, per concludere, non si può sottacere che Serra San Bruno e la sua Certosa custode delle Sacre Reliquie, visitata nel 1984 da San Giovanni Paolo II e nell’ottobre 2011 da Benedetto XVI, è stata tappa privilegiata per il Giubileo 2000.
Mimmo Stirparo
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